Cibo: l’invasione dei selectarian

selectarian halloweenUn esercito, pacifico, spontaneo e (per ora) inconsapevole della propria forza, si aggira per il mondo, deciso a far valere le proprie ragioni con i ristoratori e l’industria agroalimentare: sono i (food) selectarian. La traduzione letterale in italiano dovrebbe essere “selezionatore” ma siccome è un neologismo, io li ribattezzerei “selezionista”.
Chi è il selecterian / selezionista di cibo? E’ colui che sceglie in maniera molto selettiva tutto il cibo che acquista secondo nuovi criteri, completamente diversi da moda, marca, marchi di qualità, pubblicità, packaging (nei negozi), presentazione, estetica, gusto (nei ristoranti).
In letteratura non esiste uno studio sistematico di analisi del fenomeno. In rete trovate qualcosina, segno che il movimento c’è ma che non ha ancora raggiunto una sua consapevolezza globale. Questo articolo rappresenta la sintesi di un primo tentativo di interpretazione, condotto da parte dell’Università della Cucina Mediterranea, di un fenomeno che interessa molto l’Italia almeno per due motivi: nel nostro Paese vivono molti selectarian; il nostro Paese, patria del buon cibo, è meta agognata per tanti selectarian turisti o consumatori.

Alcune cifre per comprendere la portata e le potenzialità del fenomeno.
In Italia si contano 4,2 milioni vegetariani contro i 3,7 milioni della rilevazione precedente, con un aumento del 15% in un anno (rapporto Eurispes 2014). Ma le associazioni stimano cifre più elevate, con un ampio margine non rilevato: 7 milioni, di cui 700 mila vegani – Il Sole 24 Ore, 22 aprile 2014);
Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, circa l’8% dei bambini e il 2% della popolazione adulta soffre di “reazioni avverse ad uno o più cibi” ( D-La Repubblica, 4 marzo 2014);
…da 10 anni il turismo “muslim friendly” cresce del 5% annuo contro il 3.8% del turismo internazionale . .. Sono turisti che hanno una grande capacità di spesa, basta considerare che il turista saudita è quello che nel mondo spende di più in assoluto (dai 10 ai 100 mila euro l’anno) in viaggi e vacanze. Ma lamentano l’assenza di servizi e pacchetti a loro dedicati, in particolar modo la possibilità di cibarsi secondo la loro regola alimentare Halal (paraola araba che significa “lecito”), e per questo snobbano il Belpaese a favore di altri paesi europei. (Ansa.it, 26 novembre 2014).
O ancora si possono citare l’ingresso del Commercio equo e solidale nella GDO (in Inghilterra 1/3 della banane vendute è Fair Trade, in Svizzera il 50% – Valori, n° 120/2014), o il successo di iniziative come i Mercati Contadini organizzati da Coldiretti con la Fondazione Campagna Amica, oltre all’affermarsi della filosofia Slow.

Potremmo così schematizzare i criteri in base ai quali selezionano ed esercitano criticamente il loro potere di acquisto (e perché) i Selectarian:
Salute (richiesta di cibi integrali, di biologico certificato; desiderio o necessità di diete speciali – vegana, vegetariana, macrobiotica, gluten free, diabete, ecc.; desiderio di seguire una dieta molto varia, anche con prodotti internazionali);
Etica (no animali, minor impatto ambientale, salvaguardia di specie protette, no lavoro minorile e rispetto dei diritti dei lavoratori in genere, boicottaggio di produttori o anche nazioni);
Provenienza / Località (fiducia nel fornitore, sicurezza, italianità, Km zero o filiera corta);
Solidarietà (commercio equo e solidale, cooperative sociali, cooperative antimafia);
Religione (cibo Halal per i musulmani o kashèr per gli ebrei; animali sacri alle religioni);
Stagionalità (garanzie di provenienza; dieta più varia; supporto all’agricoltura locale);
Artigianalità / Tipicità (supporto all’agricoltura locale, garanzie di provenienza; dieta più varia).
Il più delle volte, ovviamente, il selectarian sceglie in base a più criteri, andando a formare così una sua dieta e catena di fornitura ideale.

Si potrebbe argomentare che, oltre ad essere consapevoli ed informati, per essere selectarian bisogna essere benestanti. Di certo la qualità costa, però dobbiamo considerare che: a) non è il cibo buono che costa molto, è l’industria alimentare che ci ha abituati a prezzi bassi vendendoci merce scadente o a volte dannosa; b) andando ad acquistare direttamente dal produttore (come fanno i Gruppi di Acquisto Solidale), vi è un ottimo rapporto qualità/prezzo; c) in Italia si spreca molto cibo: se comprassimo meno quantità di cibo ma di qualità migliore, spenderemo la stessa cifra e staremo meglio in salute.

Bisogna ovviamente ricordare che i selectarian e tutto il movimento del consumo critico, rappresentano solo un’isola felice, una percentuale ancora trascurabile nel mare in tempesta del mercato globale agroalimentare.
Ce lo testimoniano i continui segnali d’allarme che provengono dai coltivatori del Sud del mondo (e del Sud Italia), soffocati dallo strapotere delle “grandi sorelle del cibo” mondiale e da catene di distribuzione troppo lunghe e soffocanti; lo denunciano la malnutrizione e l’obesità dilagante in ogni angolo del pianeta, la scomparsa della biodiversità colturale, il proliferare di allevamenti lager.
Ma è pur sempre un segnale di speranza ed è una sfida di cui l’Italia deve prendere la leadership, colmando in fretta lacune e ritardi.

Informazioni su albertocorbino

Alberto Corbino è l'autore dei blogs: https://labuonaeconomia.wordpress.com ; http://ventanillas.wordpress.com ; http://italiain3b.wordpress.com http://edabpm.wordpress.com . Per ulteriori info, visitare la pagina: "l'autore di questo blog"
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